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Compte rendu par Luca Pesante Nombre de mots : 2360 mots Publié en ligne le 2015-01-07 Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700). Lien: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=2191 Lien pour commander ce livre
La pubblicazione di questo importante volume sui materiali archeologici medievali e moderni di Marsiglia è parte di un ampio progetto collettivo di ricerca avviato nel 2005; esso segue e completa il volume numero 7 della medesima collana (Fouilles à Marseille: approche de la ville médiévale et moderne, volume collectif dirigé par M. Bouiron, F. Paone, B. Sillano, C. Castrucci, N. Scherrer, Paris 2011) dedicato allo sviluppo della città tra Medioevo ed Età moderna indagato sulla base dell'analisi stratigrafica di alcuni contesti urbani.
L'opera è il frutto di una collaborazione tra Véronique Abel e Florence Parent, due ceramologhe dell'INRAP (Institut national de recherches archéologiques préventives: un istituto pubblico di ricerca creato in Francia nel 2002 sotto la tutela del Ministero della Cultura e della comunicazione e del Ministero della Ricerca, che ha lo scopo di assicurare la localizzazione e lo studio del patrimonio archeologico interessato dai lavori di pianificazione territoriale), e Marc Bouiron, direttore del Service Archéologie de la Ville de Nice e chercheur associé presso il CEPAM (UMR 7264).
I materiali presentati sono stati rinvenuti durante alcuni interventi di archeologia preventiva eseguiti nei dintorni della città (nei sobborghi di Olliers, Sainte-Catherine, Morier), e in diversi siti del pieno centro urbano nei pressi del porto, della cattedrale, nei quartieri Cavaillon e Blanquerie. La maggior parte delle pagine è dedicata alla ceramica, ovvero al materiale archeologico maggiormente presente nei depositi, e tale grande insieme è organizzato – e qui veniamo ad uno dei significativi pregi del volume – secondo una logica cronologica e non stratigrafica: ovvero si è cercato di ricostruire attraverso i materiali ceramici provenienti da siti diversi e distanti tra loro una storia della ceramica e del suo consumo, nel senso più ampio dell'accezione di “consumo”, della città di Marsiglia tra Medioevo ed Età moderna. E, pertanto, il materiale è presentato ponendo i dati tecnici stratigrafici nella loro naturale posizione accessoria, rispetto alle trasformazioni che si compiono nel corso dei secoli, alle introduzioni di novità tecniche, alle relazioni tra uomini e oggetti, ai rapporti commerciali del porto marsigliese, insomma alla storia materiale della città.
Nella prima fase medievale (VIII-XI secolo) le ceramiche – pressoché generalmente forme chiuse – sia di produzione locale sia importate dall'Italia, dall'area bizantina e dal Vicino Oriente, confermano la vocazione commerciale e culturale della città (dall'Antichità fino all'Età moderna) come porto aperto ad accogliere ogni nuovo impulso dal Mediterraneo. Ancora più chiaro tale profilo appare nella fase di XII secolo in cui si delinea chiaramente un legame con le città portuali italiane come Genova e Napoli e con la Sicilia. Mentre al contempo si intrecciano relazioni commerciali con il Maghreb e il Vicino Oriente tutt'altro che limitate ai contatti originatisi con le Crociate. Pertanto, verso la fine del secolo, insieme alla prima istallazione di botteghe di vasai alle porte della città, circolavano sulle mense marsigliesi (quelle in cui era possibile accedere a vasellame ceramico al posto del più economico vasellame ligneo) le novità ceramiche dell'intero Mediterraneo: dalla Ceramica laziale smaltata, alla ceramica ligure-toscana, comprese le ceramiche catalane e di area bizantina. Il Medioevo si chiude con un incremento della circolazione di ceramiche pisane, di area valenzana, che in alcuni momenti sembrano superare in quantità il vasellame di produzione locale.
Il passaggio all'Età moderna è perfettamente leggibile nelle ceramiche rinvenute a Marsiglia: nel XVI secolo la moltiplicazione di forme aperte e la standardizzazione di alcuni boccali segna in qualche modo la fine di una tradizione medievale, che ciononostante viene ricordata da alcuni elementi che persistono nella nuova era. Le importazioni dalla Toscana e dalla Liguria sono dominanti sull'intero repertorio in uso: in particolare i piatti montelupini della prima metà del secolo sembrano avere un accesso preferenziale sulle mense marsigliesi. In realtà, essi testimoniano i ruoli economici del Granducato di Toscana nel Mediterraneo, così come le ceramiche liguri indicano in Genova una delle potenze mercantili in gioco nella medesima area.
Nel XVII secolo non si interrompono le importazioni di maioliche e ceramiche ingobbiate toscane e liguri, oltre alle produzioni del tipo Fréjus, ma la novità più rimarchevole di questo periodo è la comparsa di una ceramica – in specie marmorizzata – della valle dell'Huveaune (tra 10 e 30 km ad est della città di Marsiglia). Fino al primo decennio del secolo successivo questi ateliers producono anche stoviglie invetriate graffite e policrome che definiscono in modo molto puntuale il periodo storico in esame, a partire dal 1670 ca., in quanto prodotti locali d'uso comune. Si registra un'ulteriore specializzazione degli oggetti ceramici testimoniata da acquasantiere domestiche, ceramiche devozionali, vasi da notte, salvadanai, etc., realizzati verso la fine del secolo mediante una ceramica invetriata fine definita “ceramica fine di Marsiglia” (faïence fine de Marseille).
Segue nella seconda parte un importante capitolo sui vetri rinvenuti negli scavi archeologici preventivi marsigliesi attraverso i quali è ancora possibile seguire lo sviluppo dei materiali in uso sulle mense tra i secoli finali del Medioevo e l'intero svolgersi dell'Età moderna. Allo stesso modo le monete, le pipe, le fibbie, i bottoni, documentano nel dettaglio la trasformazione dei gusti per gli oggetti della vita di ogni giorno.
In generale, possiamo affermare che il volume qui presentato rappresenti un'eccezione tra le pubblicazioni di archeologia medievale e post-medievale. Per l'ambito di indagine in cui vengono inseriti i materiali, di ampiezza infintamente maggiore rispetto ai soliti studi confinati in esercizi “archeografici”, i ritrovamenti marsigliesi illuminano la vita quotidiana medievale e d'Età moderna, con quella coscienza storica che necessariamente obbliga ad affiancarsi – non sovrapporsi – alla varietà delle altre fonti storiche contemporanee. La letteratura, la documentazione giuridica, l'iconografia, l'arte: fonti che, come indicato nelle conclusioni, «tutte sono complementari, tutte hanno i loro limiti, ma tra tutte l'archeologia è senza dubbio la meno artificiale poiché, per riprendere le parole della ricercatrice Irène de Fabry, essa è “fondata su degli elementi molto concreti che indicano i modi di vivere e l'organizzazione delle società del passato, essa è dunque la disciplina la più immediatamente vòlta allo studio della vita quotidiana e delle sue attività”». Tuttavia, è da ravvisare che tale percorso privilegiato (attraverso l'archeologia) se giustamente indicato come il più “immediato” resta però il più ambiguo nell'offrire una rappresentazione della realtà estremamente parziale, che invece nell'interpretazione dell'archeologo a volta diviene quadro totale. Cioè nel momento in cui per qualsiasi motivo (di solito è per scarsità di strumenti critici) si stabilisce una gerarchia delle fonti, ponendo il dato archeologico al primo posto (rispetto ad esempio alle fonti orali o alle rappresentazioni artistiche) perde di significato il documento archeologico stesso fino a compromettere profondamente la ricostruzione del quadro storico.
Gli oggetti rinvenuti nei depositi archeologici rispecchiano l'infinita complessità delle azioni umane, in molti casi totalmente imprevedibili e resistenti a qualsiasi tentativo di classificazione per “modelli”. Del resto, ancora oggi, la migliore fonte per comprendere il passato è la nostra vita quotidiana: la possibilità dei gesti, delle azioni che ci è propria, oggi, è la stessa di un uomo del passato. Leggendo i materiali medievali e moderni rinvenuti negli scavi con questa “possibilità” sarà forse più facile approssimarsi alla realtà storica e dunque ricostruire le relazioni tra gli oggetti, tra gli uomini che li hanno utilizzati e tra coloro che li hanno prodotti. Ed il volume sugli scavi marsigliesi percorre in questa direzione mille anni di storia urbana narrando le trasformazioni della vita quotidiana.
Il volume si divide in due parti: la prima parte che riguarda Les céramiques; la seconda parte invece che riguarda Les autres mobiliers.
Dopo una introduzione generale nella prima parte, Les céramiques, suddivisa in 9 capitoli, si tratta in sequenza cronologica delle ceramiche rinvenute negli scavi: 1. Le premier Moyen Âge: l'Antiquité tardive en héritage; 2. Le XIIͤ s.: entre Islam et Byzance; 3. La fin du XIIͤ s. et le XIIIͤ s.: les potiers s'installent aux portes de la cité; 4. Les derniers siècles du Moyen Âge: de la lumière à l'ombre; 5. Le flou du XVIͤ s. marseillais: de la fin du XVͤ s. au début du XVIIͤ s.; 6. Les productions naissantes des ateliers de la vallée de l'Huveaune face aux importations, milieu du XVIIͤ; 7. La céramique d'usage quotidien à Marseille de 1660 à 1710: la créativité exceptionnelle des ateliers de l'arrière-pays marseillais; 8. Du début au milieu du XVIIIͤ s.: le règne des productions de la vallée de l'Huveaune; 9. La fin d'un monde, le dernier quart du XVIIIͤ .
La seconda parte, Les autres mobiliers, è suddivisa in 4 capitoli: 1. Les verres médiévaux des fouilles de Marseille; 2. Les monnaies médievales et modernes; 3. Quelques pipes en terre issues des fouilles de Marseille; 4. Étude du mobilier manufacturé non céramique (anneaux et boucles, boucles à chape intégrée, les éléments de fixation du costume, la bijouterie, la toilette, les instruments sonores, l'outillage, ustensiles et récipients, le domaine de l'écrit, le jeu, l'ameublement et la serrurerie, les clous et rivets, les déchets de fabrication en os, les objects indéterminés).
Chiudono il volume le conclusioni generali: L'exception marseillaise: absences surprenantes et luxe étonnant.
Sommaire
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Éditeurs : Lorenz E. Baumer, Université de Genève ; Jan Blanc, Université de Genève ; Christian Heck, Université Lille III ; François Queyrel, École pratique des Hautes Études, Paris |