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488 EPIGRAPHICA Su un oggetto votivo in piombo a firma Caius Trebius rinvenuto in più esemplari ad Emporiae e Ruscino In due località, Emporiae e Ruscino (1), entrambe site lungo il percorso delle antiche vie Domitia ed Augusta e pertinenti allo stesso ambiente economico e culturale, oggi la Catalogna spagnola e francese, sono stati rinvenuti tre esemplari di un singolare oggetto plumbeo, a forma di paletta concava o di cucchiaio con corto manico, realizzato per fusione in una matrice. L’unico pezzo integro dei tre proviene da Ampurias/Empúries (2) (fig. 1), mentre gli altri due sono fortemente frammentari: del secondo esemplare di Emporiae (3) (fig. 2) e di quello di Ruscino (4) si conservano, infatti, esclusivamente i manici (fig. 3 a-b; 4a-b). Fig. 1. Esemplare completo di Emporiae (da IRC V, 157). (1) Ringrazio la collega ed amica Isabelle Rébé, direttrice del Centre Archéologique R. Marichal a Ruscino (Château-Roussillon, Perpignan), per avermi messo a disposizione il materiale relativo al pezzo ivi rinvenuto ed avermi concesso il permesso di pubblicarne le immagini. (2) J. PUIG I CADAFALCH, Crònica de les excavaciones d’Empúries, «Anuari de l’Institut d’Estudis Catalans», 3, 1909-1910, pp. 708-709, figg. 9-10; M. ALMAGRO, Las inscripciones ampuritanas griegas, ibéricas y latinas, Monografias ampuritanas II, Barcelona 1952, pp. 169-170, nr. 120; IRC V, pp. 199, nr. 157; R. COMES, I. RODÀ (curr.), Scripta Manent. La memória escrita dels romans. La memoria escrita de los romanos, Barcelona 2002, p. 322, nr. 156. Misure: lung. 20,7 cm; larg. max. 8,7 cm; spessore 0,3 cm circa. Luogo di conservazione: Barcelona, MAC, inv. nr. 877. (3) ALMAGRO, Las inscripciones ampuritanas, cit., p. 171, nr. 121; IRC V, p. 200, nr. 158. Misure: lung. cons. 9 cm; larg. max. 4 cm; spessore 0,4 cm circa. Luogo di conservazione: Barcelona, MAC, inv. nr. 878. (4) R. MARICHAL, Les militaria de Ruscino. Inventaire et analyse des petits objects liés à l’armement et à l’équipement militaires, de la conquête romaine à l’époque wisigothe, Mémoire de master 2 sous la direction de Michel Feugère, Université Paul Valéry, Institut d’Histoire de l’Art et d’Archéologie, Montpellier 2005, pp. 30-31, nr. 84. Misure: lung. cons. 9,2 cm; larg. max. 4 cm; spessore 0,5 cm circa. Luogo di conservazione: Perpignan, Centre Archéologique R. Marichal. R. Marichal, senza conoscere i paralleli di Ampurias/Empuries, che cita solo come testimonianze della diffusione del nomen Trebius, ha inserito a suo tempo il pezzo tra i militaria in considerazione del fatto che il fascio di fulmini è spesso presente anche su oggetti legati all’ambito militare e aveva avanzato l’ipotesi, del tutto plausibile, che il manico sia pertinente ad uno specchio in piombo, una categoria di oggetti che effettivamente trova ampia diffusione in tutte le province dell’impero romano ed anche nella Gallia Narbonense. 489 SCHEDE E NOTIZIE Fig. 2. Esemplare frammentario di Emporiae, (da IRC V, 158). Fig. 3a. Esemplare di Ruscino, lato anteriore (foto R. Marichal). Fig. 3b. Esemplare di Ruscino, lato posteriore (foto R. Marichal). 0 cm 5 Fig. 4a-b. Esemplare di Ruscino, restituzione grafica (foto R. Marichal). 490 EPIGRAPHICA Tutti e tre i reperti presentano le stesse dimensioni dei manici, la stessa decorazione a rilievo e la medesima iscrizione e sembrano, pur essendone due frammentari, prodotto di una stessa matrice. Come mostra l’esemplare integro di Ampurias/Empúries (fig. 1) sulla faccia principale la parte concava del «cucchiaio» è decorata da elementi simili a piccole gocce disposti su due file rispettivamente lungo il perimetro inferiore e superiore del bordo ad inquadrare una girlanda di foglie che corre tra di loro. Il bordo è delimitato da una triplice linea continua, mentre il fondo piano è privo di decorazione. In prossimità della punta del «cucchiaio», lungo il margine esterno dello stesso, sono presenti due elementi decorativi a spirale uno dei quali in buona parte perduto. L’attaccatura del manico è decorata da quattro spirali disposte simmetricamente in gruppi da due rispettivamente a destra e sinistra del manico stesso. La forma rettangolare di questo è sottolineata da un piccolo bordo in rilievo che da una parte va a terminare su quello triplice del «cucchiaio» e dell’altra risulta assente forse per la perdita di parte della sua estremità. Per tutta la sua lunghezza corre una decorazione di foglie e l’iscrizione in rilievo, con lettere fortemente distanziate e poste ad intervalli irregolari, che riporta soltanto un nome, Caius Trebius, composto da praenomen e gentilizio, riferibile, con ogni probabilità, all’artista e/o produttore dell’oggetto in questione e non al suo proprietario come invece sostenuto in passato (5). Infatti appare assai improbabile che un oggetto prodotto a matrice, dunque in serie, destinato sicuramente a più persone o gruppi di persone e presente, come è evidente dai rinvenimenti, in luoghi differenti, rechi sulla matrice stessa il nome del proprietario e che questo, per di più, sia sempre lo stesso nei vari luoghi di diffusione dei singoli esemplari. Il nome scritto sul manico si deve intendere al genitivo e può sottendere officina (6) o forse forma (7), ammesso, ma appare meno probabile, che non si tratti un’abbreviazione di un nominativo in -us, o, ma l’ipotesi credo vada scartata, di un nominativo in -us che abbia perso le ultime due lettere perché scritte su un’eventuale porzione mancante di manico. Infatti in tutti i casi l’estremità di questi appare come tagliata e l’elemento decorativo tondeggiante che la caratterizza forzatamente incompleto. Se la brusca e poco elegante terminazione del manico, che accomuna tutti gli esemplari noti, non è da attribuirsi ad un taglio in fase di produzione, questa perdita, analoga seppure non identica per tutti i cucchiai, rimane difficilmente spiegabile a meno di non ipotizzare una particolare fragilità del manico in questo punto a causa, per esempio, della presenza di un foro passante usato per appendere l’oggetto. La parte posteriore dei «cucchiai» è decorata da girali lungo tutto il bordo del catino. Sul manico è raffigurato un tempio tetrastilo, il cui ordine architettonico non è riconoscibile, ed il fascio di fulmini attributo di Iuppiter. (5) IRC V, pp. 199, nr. 157 e p. 200, nr. 158; COMES, RODÀ, Scripta manent, cit., p. 322. (6) Sulle firme di artisti vedi I. CALABI LIMENTANI, Studi sulla società romana. Il lavoro artistico, Biblioteca storica universitaria, IX, Milano - Varese, 1958, in particolare pp. 91-92 e E. THOMAS, Signaturen Metallverarbeitender Künstler und Kunsthandwerker in der römischen Kaiserzeit, in C.C. MATTUSH, A. BAUER, S. E. KNUDSEN (eds.), From the partes to the whole II, Acta of the 13th International Bronze Congress, helt at Cambridge, Massachusetts, May 28-June 1 1996, Portsmouth 2002, pp. 241-247. (7) Per la menzione di forma su oggetti pertinenti all’ambito dell’instrumentum vedi G. BARATTA, Speculorum forma: un singolare rinvenimento ad Urbs Salvia, «Mare Internum», 2, 2010, in stampa. SCHEDE E NOTIZIE 491 Per quanto riguarda l’inquadramento cronologico sono dell’opinione che vada corretto quello proposto in passato secondo cui l’esemplare integro di Ampurias/Empúries sarebbe attribuibile alla fine del I secolo d.C. o alla metà di quello successivo (8). I caratteri paleografici inducono piuttosto a datare tutti gli esemplari alla tarda età repubblicana, una datazione già proposta da R. Marichal (9) per il pezzo di Ruscino, o ai primi decenni del I secolo d.C. Per quanto concerne i contesti di rinvenimento possediamo, purtroppo, solo un’indicazione approssimativa per l’esemplare integro di Ampurias/Empúries che, secondo quanto si evince dai diari di scavo di E. Gandia, sarebbe stato trovato il 26 giugno del 1908 nell’area del tempio di Giove Serapide (10), un dato che però, oggi, non consente di stabilire un reale legame tra l’oggetto in questione, il tempio di Serapide ed i culti tributati a questa divinità. Per l’esemplare frammentario di Emporiae, invece, non si dispone di alcuna indicazione, mentre quello di Ruscino proviene da una ricognizione effettuata a dicembre del 2004 nella parcella DV144 del sito e va, pertanto, considerato un pezzo sporadico. La foggia di questi oggetti e la decorazione, in particolare la presenza di un tempio e del fascio di fulmini, inducono a ritenere che si tratti di uno strumento rituale (11). D’altro canto l’uso del piombo, un materiale estremamente duttile ed economico, ampiamente utilizzato per la realizzazione di oggetti offerti alle divinità può far pensare che si tratti piuttosto di un ex-voto. Nel caso della prima ipotesi, in assenza di paralleli diretti e di fonti scritte o iconografiche che ne possano chiarire la funzionalità, si può porporre in via del tutto ipotetica che si tratti di una variante del più frequente simpuvium / simpulum utilizzato in occasione di sacrifici e rituali votivi (12), di un malluvium (13), una «Griffschale» utilizzata per lavare le mani durante le funzioni cultuali (14) o di un polybrum con analoghe funzioni (15). L’altra ipotesi, che si può avanzare, con le dovute cautele è che si tratti di un oggetto economico destinato ad un largo pubblico di fedeli con cui, ad esempio, fare offerte alle divinità, come potrebbe indurre a ritenere la forma a cucchiaio e che poi venivano lasciati, quale segno di devozione o come ex-voto, una volta espletato il rito. Impossibile allo stato attuale identificare il luogo di produzione di questa serie di oggetti; tuttavia l’onomastica dell’artista e/o produttore consente alcu(8) COMES, RODÀ, Scripta manent, cit., p. 322. (9) MARICHAL, Les militaria de Ruscino, cit., p. 31. (10) E. GANDIA, Diari, p. 75 e PUIG Y CADAFALCH, Crónica, cit., p. 709. (11) Sugli strumenti usati in rituali religiosi vedi A.V. SIEBERT, Instrumenta Sacra. Untersuchungen zu römischen Opfer-, Kult- und Priestergeräten, Berlin, New-York 1999. Vedi anche T. HOELSCHER, G. SCHÖRNER, Kultinstrumente, in ThesCRA V, Los Angeles 2005, pp. 183-190. (12) Sulla denominazione, sulla forma e sull’uso di questo strumento vedi SIEBERT, Instrumenta Sacra, cit., pp. 47-51 e pp. 236-239 con bibliografia precedente e riferimenti agli autori antichi. (13) SIEBERT, Instrumenta Sacra, cit., p. 226 con bibliografia precedente. (14) Il nome dello strumento sarebbe derivato da malluviae, -arum termine che designa l’acqua per lavare le mani. Cf. PAUL. FEST. 161 M. 152: L. malluvium latum in commentario sacrorum significat, manus qui lavet. a quo malluviae dicuntur, quibus manus sunt lautae e PAUL. FEST. 160 M. 153 L.: malluvium dicitur, quo manus lavantur. (15) SIEBERT, Instrumenta Sacra, cit., pp. 233-234 con bibliografia precedente e riferimenti ai passi degli autori antichi che menzionano il polybrum. 492 EPIGRAPHICA ne considerazioni in merito. Il gentilizio Trebius, infatti, è estremamente raro in Hispania dove risulta attestato quattro volte in Lusitania (16), una sola volta con certezza in Betica (17) e due volte nella Citeriore (18) sempre, comunque, in luoghi molto distanti da Emporiae e Ruscino. Il nomen Trebius non risulta frequente neanche nella Gallia Narbonensis (19), dove appare però due volte a Narbo Martius e, pertanto, in un contesto geografico non troppo distante da Ruscino. Il dato non è probabilmente troppo significativo ma non si può escludere un legame tra il Trebius attestato sui «cucchiai» di piombo e gli altri presenti nella Narbonense, in particolare con quelli di Narbonne, Nîmes e Aix-en-Provence località che, come la stessa Ruscino, si trovano lungo la via Domitia e sembrano indicare un diffondersi del nomen lungo questo importante asse viario a seguito di spostamenti di gruppi familiari con questo gentilizio probabilmente provenienti dall’Italia dove i Trebii sono ampiamente attestati (20). Se da un lato, dunque, è evidente la presenza di Trebii lungo tutto l’asse costiero che unisce l’Italia a Cadice, dall’altra questo solo dato non consente, allo stato attuale, di identificare il luogo ove C. Trebius aveva la sua officina e dove ha prodotto i «cucchiai» votivi presenti ad Emporiae ed a Ruscino. Oltre ad una produzione provinciale in contesto ispanico o gallico, infatti, non si può del tutto scartare l’ipotesi che si tratti di oggetti realizzati in Italia e successivamente esportati. Sulla base degli elementi iconografici, invece, in particolare del tempio tetrastilo e del fascio di fulmini che simboleggiano Iuppiter, si potrebbe avanzare, con molta cautela, un’altra ipotesi. Infatti, interpretando la raffigurazione del tempio come immagine di un edificio realmente esistente e non di un tempio ideale, si potrebbe supporre che, alla luce dell’associazione con Giove, possa trattarsi del capitolium di Empuriae che effettivamente era tetrastilo (21). In questo caso si dovrebbe anche supporre che l’officina di Caius Trebius operasse ad Ampurias/Empúries e che, forse quale offerta votiva, uno degli esemplari sia arrivato a Ruscino, città con la quale Emporiae aveva comunque intensi rapporti come risulta evidente, ad esempio, dalle numerose monete emporitane (22) rinvenute nella colonia oggi in territorio francese. Riuscire a chiarire la destinazione d’uso di questa classe di materiale e (16) CIL II 715 (Norba); CIL II 814 (Capera); CIL II 883 (Salmantica); CIL II 6267 (santuario di Endovellicus). (17) CIL II 2308 / 7, 548 (Cordoba); CIL II 5 1072? (Urso); CIL II 5 1073? (Urso). (18) CIL II 2805 (Clunia); CIL II 3524 (vico Urci regni Granatensis – Murcia). Sconosciuto è invece il luogo di rinvenimento di un signaculum che reca il gentilizio Trebius (CIL II 4975, 63). (19) CIL XII 496 (Aix-en-Provence); CIL XII 3887 (Nîmes); CIL XII 5172 (Narbonne); CIL XII 5173 (Narbonne); CIL XII 5388 (Toulouse); CIL XII 5683, 294 (Avignon); CIL XII 5690, 121 (cons. a Toulouse); CIL XII 6032, 12 (Châtelet d’Andance). (20) Sul nomen Trebius, su eventuali legami con l’etrusco e con località con il toponimo Trebula vedi W. SCHULZE, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, Berlin 1904, p. 246, p. 375, p. 468, p. 480. (21) Vd. J. RUÍZ DE ARBULO BAYONA, El templo del foro de Ampurias y la evolución de los foros republicanos, «Quadernos de arquitectura romana», 1, 1991, p. 27-29 con bibliografia precedente. (22) J.-C.-M. RICHARD, G. CLAUSTRES, Les monnaies de Ruscino, in G. BARRUOL (ed.), Ruscino. Château Roussillon, Perpignan (Pyrénées-Orientales) I. État des travaux et recherches en 1975. Actes du colloque archéologique organisé par la Direction des Antiquités Historiques du Languedoc-Roussillon Perpignan 1975, Paris 1980, pp. 111-112. SCHEDE E NOTIZIE 493 soprattutto riuscire a vincolarla ad uno specifico culto sarebbe di grande importanza per quanto riguarda gli studi e le ricerche su Ruscino dove le testimonianze legate alla sfera religiosa sono tuttora pressoché inesistenti (23) e dove questo oggetto potrebbe essere, per il momento, l’unica traccia rimasta dei culti tributati a Iuppiter. GIULIA BARATTA (23) A questo proposito vedi R. MARICHAL, Château-Roussillon/Ruscino (Pyrénées-Orientales), in A. FERDIÈRE A. (cur.), Capitales éphémères. Des capitales de cités perdent leur statut dans l’Antiquité tardive. Actes du colloque de Tours, 6-8 mars 2003 (Suppl. RACF 25), Tours 2004, p. 399. *** Sycecale y Tricisma: los nombres propios de dos hermanas procedentes de una inscripción sepulcral de Tavira (Portugal) * 1. En el año 1988 fue publicada por J. d’Encarnação en el Ficheiro Epigráfico (1) una inscripción sepulcral latina, sin fecha, con los nombres propios de la difunta y de las tres hermanas que se la dedicaron. Se trata de un texto breve como suele ser usual en estos casos, en el que destacan los nombres propios de las cuatro hermanas por su evidente originalidad, sobre todo en lo que hace a dos de ellos. El texto puede leerse a pesar de los daños de la piedra (2) y se aprecia con nitidez en la fotografía que proporciona el editor (bastante antigua, del año 1948). La inscripción, encontrada y fotografiada en la Quinta da Torre por João Manuel Bairrão Oleiro y posteriormente mostrada al editor, se perdió, pero afortunadamente ha vuelto a ser hallada en los pasillos de la Delegación de Cultura de Faro, y se pueden ver nuevas y buenas fotografías del texto en un documento publicado en la red (3). Nos hallamos ante una inscripción latina de 42 cm por 19 cm, en la que únicamente el nombre de una de las hermanas de la difunta ofrece ciertas dificultades de lectura porque la piedra está dañada en esa parte (línea 6): * Agradezco muy sinceramente al prof. J. d’Encarnação la lectura de este trabajo así como sus interesantes observaciones al respecto. (1) J. D’ENCARNAÇÃO, Ara funerária de Tavira, «Ficheiro Epigráfico» 29, 1988, pp. 11-13. Foto 133. A pesar de que no se menciona la fecha de la inscripción, es muy posible que pertenezca a los siglos I-II de nuestra era, como la gran mayoría de este tipo de documentos. (2) Estas son las palabras del editor: «De calcário, a ara apresenta o capitel destruído na sua quase totalidade. O canto inferior esquerdo da face epigrafada foi também partido, de forma que desapareceu parte da penúltima e da última linhas da inscrição. Do lado direito, a superfície epigrafada sofreu igualmente importantes danos, a impedirem uma definitiva e correcta interpretação do texto, porque já não existe o final das linhas 2 a 5». (3) http://www.arkeotavira.com/arqueologia/seci/.